Rue de Buci II (farsa)

 Marzo-aprile 2027, Rue de Buci (où tu marches le dimanche matin avec ton chien et puis ton pain¹). Paris.

 Cécile, a passeggio lungo la fredda rive gauche, ricorda la figura di un novello Conrad, declinato al femminile, o di un Céline, anch'egli declinato al femminile, seppur nelle vesti di un Bardamù che sia rientrato dall'Africa.

Dai tavoli dei café sparsi lungo il marchepied, lungo la via affollata si alza un pulviscolo di suoni slegati: stralci di conversazioni, parole evocanti note sciolte seppur ordinate in un'armonia orientata a realizzare concerti tra i silenzi interiori che animano Anis, D. e Cécile.

Le frasi involate nell'aria, i colpi di tosse che si levano dai tavoli ordinati sui marciapiedi e i funghi riscaldanti sparsi tra i dehors dei café - funghi che ricordano cespugli ardenti, caduti dal cielo sopra Parigi - Cécile è accesa.
 
"Tedio!" Grida. "Fra le tristi ossessioni naufragano essi nel tedio! Si bloccano tra le arie di queste regioni ricolme di sterili ebbrezze!" E, con le espressioni del viso in bilico tra gioia e contestazione, quasi in un filo di voce, senza più usare acutezza nella voce, dice: "Oh, Anis... Oh, D.... Disabiteranno mai questa regione le vite rinchiuse in..."

"...in una grande prigione?"

"Acquario, in un grande acquario!" Ride Cécile. Ora ride.

"Ora," dice Cécile (ha l'aria di un Oskar Matzerath), "ora Anis godi dell'assenza del tuo..."

"Utero?"

Cécile cambia registro.

"Tu, Anis, sei libera. Mai più differirai ad altri tempi, negandolo, l'amore: sei libera dal governo del tuo utero." Cécile, l'hai detto. "Ora puoi amare senza più finzioni: sei terza alla perdizione di chi agognò le protezioni e i lustri materiali per celare la propria inquietudine interiore. Ora..."

Cécile si interrompe. Si è espressa secondo il tranchant cinismo di un fittizio ordine interiore, com'è per coloro i quali, assai organizzati interiormente, si esprimono tramite potenti sintesi: tanto seducenti quanto fallaci, seppur sia espressa, talvolta, una genuina 'pulsione di verità'.

'La realtà', pensa Anis, 'è impenetrabile alla ragione umana, se non a quella del suicida. Perciò egli arresta la vita: ha inteso.'

"Oh, no no... Anis," Cécile sembrerebbe accalorarsi verso un'idea, "voglio dire: si è quel che non si sa d'essere. N'est-ce pas?" E sorride, ora, e gioca con i propri capelli corti: gioca a cantare come canta la giocosa Nataly Dawn.

"Però, Cécile, sei francese." Dice Anis, sorridendo, mentre la ode cantare proprio al modo dell'interprete di Sacramento, con la voce aspirata e la pronuncia pulita.

"Oui... Oui... Mais, chère Anis, je suis..." e indica il proprio viso, la propria figura: è identica al viso ed alla figura della Dawn.

Prendendo a braccetto D., dice: "Mais tu et tu (indica D., indica Anis): vous êtes libres!" E canta: "Mais je te le dis: je n'irai pas plus loin..."² Con il dito anulare traccia, davanti a sé, la silhouette di una nuvola che si scioglie sino a sparire, quasi a formare una sorta di invisibile fumo privo di suoni tra il vociare della via.

 Anis le si avvicina, le scompiglia i capelli; D. le si stringe al braccio; Rue de Buci finisce, finisce... I café, i tavoli, le voci finiscono, finiscono...

...il fuoco precipita nella via: qualche parola ancora, qualche sorriso, trenta passi - Paris è in fiamme: Cécile ha gli occhi bianchi: "Le voyage est where we'll create a meaning of life, où tout est concentré dans un secret: 'tout ce qui existe est tout ce que nous pouvons imaginer'. Le voyage est dans nos yeux: quand ils sont aveugles, pour a lot of time - tojours - nous cherchons le vol d'un petit..." 

"...accord?"

"No: d'un petit mot de vérité auquel on s'accroche pour ne jamais les rouvrir." E canta, Cécile, tra le fiamme parigine.

Stop.


 I suoi occhi riprendono colore. Rue de Buci riappare nell'arco di un breve suono acuto, il fuoco si spegne, il freddo torna a tratteggiare la passeggiata di Cécile, Anis, D., mentre una voce, all'angolo tra la via e la Senna, bisbiglia come se provenisse dalle pietre del marchepied: "Ogni cosa si svela... Demain, demain tout finira..."³  


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¹ "(...) où tu marches le dimanche matin avec ton chien et puis ton pain (...)" Verso tratto e adattato da Rue de Buci en maintenant..., di Jacques Prevért.

² "Mais je te le dis: je n'irai pas plus loin..." Verso tratto dalla canzone Vesoul, di Jacques Brel.

³ Riferimento alla chiusa del romanzo Il Giocatore, di F.M. Dostoevskij.

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"Le voyage est were we'll create a meaning of life, où tout est concetré dans un secret: 'tout ce qui existe est tout ce que nous pouvons imaginer'. Le voyage est dans nos yeux: quand ils sont aveugles, pour a lot of time - tojours - nous cherchons le vol d'un petit (...) mot de vérité auquel on s'accroche pour ne jamais les rouvrir." - 
"Il viaggio si fa vivo ogni volta che possiamo creare un senso per la vita, dove tutto è concentrato in un segreto: 'tutto quel che esiste è tutto quel che possiamo immaginare'. Il viaggio è nei nostri occhi: quando sono ciechi, per molto tempo - sempre - noi cerchiamo il volo di una piccola parola veritiera a cui ci aggrappiamo per non riaprirli più."




 

 

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