Places des Vosges (estratto)


(...) Anis e D. voltano pagina. Sorridono a Cécile, sprofondando in una nuova vicenda interiore: Gide e Alyssa.

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 Dalla seduta della panchina sulla quale Cécile quasi scalzava D. con la gioia del suo estro leggermente ferino, Anis occhieggiava lo sbocco di Rue du Pas de La Mule: il vicoletto che, preso da Boulevard Beaumarchais, dopo un breve tratto in discesa, sfocia su Place des Vosges.

Con gli occhi a mezzo tra le intime suggestioni gideiane e i ricordi delle fascinazioni letterarie ottocentesche, Anis scorgeva Anna, Teresa, Emma, là, oltre il profilo di Alyssa.

Le tre figure femminili discendevano la via, passeggiavano a braccetto lungo la discesa, sfociavano nel largo che accoglie il giardino e sbirciavano qua e là, intorno.
 
 Teresa occhieggiava verso un pittore che, laggiù, sotto il porticato, all'angolo con il Café Hugo, pittava la tela di panorami e paesaggi bucolici: ruscelli, prati, chiesette... Quasi un Corot. Poi tentava, Teresa, Teresa Raquin, dopo qualche acuta declamazione di amor 'aligero e sognante' rivolta verso il pittore, tentava di fuggire con il panettiere che svuota ogni giorno cassette ricolme di pain au raisin in cesti sparsi sui ripiani della vetrina, a più livelli, della boulangerie che affaccia sulla piazzetta.

Scorgeva Anna, Anna Karenina, ad ogni passo pallida, sempre più 'algida' e bianca, quasi diafana,  apparentemente altezzosa nella sua rigida andatura dignitosa e sofferente.
Lei, Anna, così russa da apparire quasi franca, gridava la muta condizione di madre priva della gioia che nasce quando si ama chi sappia attivare interi cosmi intrisi di senso, e li attiva grazie al proprio spirito e ingegno - e li attiva grazie alla genuina facoltà di levare dalle strettoie, forse dalle claustrali inibizioni, le fissazioni che "tanta provinciale contemporaneità abbraccia per darsi un tono" direbbe Cécile. ("Evitate le vie tracciate!" bisbiglia mentre sbircia queste parole).

E vi era Emma, Emma Bovary. Anis la vide svolgere, tacendo, le proprie pulsioni: mai trattenne il vuoto in cui si incastrò in quella provincia, con quel medico. Quale dramma il suo dolore vivido, ancora inaccolto, forse inascoltato, espresso così chiaramente nella disgrazia del suo tormento "che è il tormento di chiunque rifiuti la fine palesata da quei canoni che mordono-no" dice ora Cécile, con spirito allegro a contrasto degli strazi bovariani denunciati da Flaubert. E aggiunge: "Essi sono destinati ad esaurire sé stessi nella vanagloria della propria esaltazione - mortifera esaltazione."

 Le arie di Places des Vosges animavano le genti parigine, che si sdraiavano sul prato e lì si spogliavano degli abiti. Una fiera di pelli si apriva alla luce chiara, primaverile, di quelle giornate assolate, già calde, spese tra le arie della città secolarmente sbattuta dalle onde che mai affonda. Fluctuat nec mergitur.

Di tanto in tanto qualche brezza sfiorava le braccia, i corpi, i capelli frammisti agli steli d'erba di quella popolazione che ricordava una pittura di carattere vivace e disteso.
Erano un affiorare di vita quelle cascate di fisici che si volgevano alle brezze, e vi era la fibrillante eccitazione mista alle sorde debolezze della rinascente stagione sans temps che svicolava tra le strade della sepolcrale capitale bianca. La primavera aleggiava così tra l'aspirazione dolce e ferace di una lieve promessa e la discordia per la stagione invernale, ormai relegata alle sale chiuse ed alle chiuse finestre dei ricordi già pronti a sbiadire: arie stantie, tra afosi e secchi calori di termosifoni e smorti chiarori di sale accese da luci sintetiche. Palazzi d'inverno.

 (...) e la discesa di Rue du Pas de la Mule, che Anis rivede dopo tre anni di assenza da Parigi. Vede nuovamente Anna, Teresa, Emma: ne vede la rediviva insorgenza e ...

L'immagine inserita nel post è una foto che ho scattato al romanzo Anna Karenina (1877) – Lev Nicolaevič Tolstoj, nella traduzione di Pietro Zveteremich – Editrice La Stampa S.p.A. (2003).

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