Dostoevskij - Preveggenza

 

 In seguito alla cancellazione di un corso universitario, presso la Bicocca, dedicato all'analisi di alcune opere di Dostoevskij - corso tenuto da Paolo Nori -, ripropongo il brevissimo articolo che segue.
 
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 Nel gennaio del 1876 uscì, sulla rivista Graždanin (Il Cittadino), un articolo titolato: Lo Spiritismo. Si trattava di uno dei numerosi articoli scritti da Dostoevskij, pubblicati periodicamente dalla rivista di Meščerskij, nella rubrica Diario di uno Scrittore; in questo caso, l'articolo era l'ottavo di quel mese.

 Dopo una breve introduzione ironica sulla fascinazione verso lo spiritismo provata da diversi cittadini di San Pietroburgo, Dostoevskij si inoltra in un ambito a lui caro: le sorti dell'uomo di fronte all'incalzante sviluppo di quella che viene sinteticamente chiamata "scienza". Fu, in questo ambito, che si rivelò una volta ancora la facoltà di preveggenza dell'autore russo - facoltà che io chiamerei di calcolo superiore, cioè la facoltà di intuito.

Dostoevskij profilò una civiltà in cui i "demoni", attraverso lo sviluppo delle scienze ingegneristiche, chimiche, mediche etc., si sarebbero rivelati in tutta la loro potenza.

La grandeur dell'epoca fondata sullo sviluppo delle scienze e delle tecniche avrebbe così mostrata la sua faccia oscura, ossia: la faccia del nichilismo, la quale verrà poi ampliata e caratterizzata, secondo la forma assai dirompente che gli era propria, da Nietzsche, nel preambolo, paragrafo V, del Così parlò Zarathustra (si tratta del brano generalmente chiamato: "Discorso degli ultimi uomini").

 Dostoevskij svelerà infine il carattere dei "demoni". Grazie all'evidenza, in sintesi, del loro profilo, tale svelamento permette di formulare gli strumenti per tutelarsi in anticipo da essi - o, perlomeno, di figurare dei piani perché si congetturino delle salvaguardie... sempre che il "demone" non si travesta da salvagente, che poi è pure il riflesso di un'interezza perduta, il demone. Eppure, ciò mi fa pensare una volta di più a come Dostoevskij abbia, forse anche suo malgrado, tramite la sua opera, che è una sola voce ad esprimersi nelle sue variegate declinazioni, infilato una mappa nella tasca di un uomo che visiti una regione in cui mai ha messo piede: forse l'ha intuita, forse già l'ha vissuta, eppure si tramuta ogni volta in una regione i cui confini si fanno nuovamente scoprire.

Tanto è quel che ha espresso Dostoevskij nel mondo umano, e direi che quel "tanto" non è cosa da poco per chi certe regioni le incontra, in quanto vive.

 
 Confidando che questa parte dell'articolo susciti qualche riflessione, auguro buona lettura.


(...) Si dice che quando gli spiriti sono interrogati per mezzo del tavolino essi rispondono soltanto sciocchezze, che non sanno la grammatica e che non comunicano mai un'idea nuova. Questo è un grave errore. Pensate cosa sarebbe potuto succedere se i demoni avessero manifestato subito la loro potenza e avessero soffocato l'uomo con le loro scoperte. Se per esempio avessero inventato il telegrafo o rivelato all'uomo altri segreti: «Scava laggiù e troverai un tesoro o un giacimento di carbone» (a proposito, com'è cara la legna da ardere!). Ma queste sono cose da niente. Voi sapete che la scienza è ancora giovanissima, comincia appena a fare i primi passi e se c'è qualche cosa di sicuro per essa è che può già reggersi in piedi; se ora le cadesse addosso una valanga di scoperte del genere, cosa succederebbe?
Dapprincipio tutti sarebbero entusiasti, la gente si abbraccerebbe e si darebbe con maggior lena agli studi sentendosi felice e sopraffatta dai beni materiali. Forse passeggerebbe a volo per l'aria, traversando spazi immensi con una velocità dieci volte maggiore di quella delle ferrovie, scoprirebbe tesori favolosi, creerebbe, magari con l'aiuto della chimica, dei nuovi organismi, ci sarebbero tre chili di carne a testa, come sognano i nostri socialisti. Insomma «mangia, bevi e godi». «Ecco – griderebbero i filantropi – ora che l'uomo ha la vita assicurata, non tarderà a manifestarsi. Non ci sono più privazioni, non c'è più l'ambiente che «distrugge» ed è la causa di tutti i mali; l'uomo ora diventerà buono e giusto. Più niente lavoro che fiacca, ora tutti potranno occuparsi di cose elevate, ora soltanto si vivrà veramente!».
Ma non è sicuro che questo entusiasmo durerebbe un'intera generazione. La gente si accorgerebbe ad un tratto che non c'è più vita, più libertà dello spirito, né volontà e personalità, e il volto umano sarebbe quello di una bestia, con la differenza che la bestia non sa di essere tale.
L'umanità comincerebbe a marcire, gli uomini capirebbero che non c'è felicita nell'inerzia, che il pensiero di chi non lavora si spegne, che non si può amare il prossimo se non si può sacrificargli il proprio lavoro, che è vile vivere a ufo e che la felicità non consiste in se stessa ma nel desiderio che se ne ha. Comincerebbe la noia, i suicidi diventerebbero una piaga generale. E i rimasti griderebbero: «Signore, avevi ragione tu, non si vive di solo pane!». E maledirebbero i demoni.
No, i demoni non fanno di questi errori, sono dei fini politici (ancora una volta, se esistono). Il loro regno essi vogliono fondarlo sulla discordia, perchè essa è una forza terribile che, dopo lunghi malintesi, conduce l'uomo ai peggiori estremi, alla corruzione della mente e dei sentimenti. Nella discordia chi offende non si riconcilierà con l'offeso, ma dirà piuttosto: «L'ho offeso, quindi debbo vendicarmi». I demoni sanno la storia e si ricordano che tutto è nato dalla discordia.

 
L'immagine raffigura gli appunti di Dostoevskij mentre elaborava un capitolo de I Fratelli Karamazov.

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