Ellise

 
 Ellise è una donna di statura media, i suoi capelli sono biondo-rafia, corti, gli occhi sono grigi. Ha una tara genetica ed ha speso anni della sua vita su testi di giurisprudenza e ricerche di archivio, oltre che su testi di filologia romanza (ella si accende nella ricerca delle fonti letterarie, dei nessi, degli archi sapienziali che hanno dato adito a certe opere d'esistere, ed è un'attività che sublima la sua attitudine più caratteristica: rilevare il quid originario della littera civilitas).
Il suo visus, da entrambi gli occhi, stando alla tabella di Snellen difetta di tre decimi. I test all'ottotipo, poi, indicano variazioni periodiche, ma l'arco mediano del difetto visivo si attesta sul valore di tre decimi. Ella dice: "Tre di vuoto significa sette di pieno: sette i metalli alchemici, sette le Pleiadi, sette le lampade di Ruskin." E gli esami campimetrici, invece, escludono la traccia di deterioramenti alle vie ottiche. La sua età è di ventisette anni, ciò non le impedisce di udire la domanda:

“Cosa pensi delle lenti a contatto?”

Sorride. Sul viso affiora un ensemble di espressioni: celia, serietà, piccatura, curiosità; e gli occhi trasognati si posano su D., indugiano su quell'uomo dal profilo rapido, sfuggente, eppure eterno; è a lei familiare.

Ha appena fatto l'amore con lui, e ancora desidera abbracciarlo, 'ma lui è gitano e svanirà, ed io...'

“Lenti...” dice.

La finestra del palazzo bianco, ormai grigio per i fumi parigini delle attività umane, affaccia sulla Salpêtrière; le luci della sera, ormai notte, si diffondono sugli alberi del parchetto ospedaliero. “Lenti..." dice, "mi irritano.” E aggiunge: “In ogni senso.” E abbraccia D., infila le dita bianche tra i capelli di quell'uomo dai tratti di un folletto che ogni cosa può fare senza mai dire, se non ridendo, le meraviglie del suo creare, e lei è felice con lui anche quando lui si invola quale Pindaro dimentico della gravità terrestre.

Una teoria di solitudini ora si affaccia, quale spettro di antico vacuum, tra i passati di Ellise, vissuti con una creatura dal cuore scisso, privo di unità: una creatura muta, senza sale, ormai perduta tra arie senza vita di una dimensione verticistica, tra scale, livelli, schiacciature dettate dalle superiorinferiorità, e di anditi bassi, stretti e, paradossalmente, stagni. La creatura le rubò l'estro gioioso e la fiducia; e la spinta verso ciò che non si può prevedere: l'inatteso, la poesia e, poi, l'esperienza iniziatica, esaurì. Ciò significa che lei, Ellise, non comprendeva in sé stessa la forma della creatura che la turbò: le fu indefinita, perciò ne venne governata sino a perdere la ragione di sé. Poiché ci si smarrisce soltanto di fronte a ciò che non si porta in sé; e, quando si ama, ci si svolge esclusivamente verso ciò che ci manca.

D. ora le rende il cielo dove lei, Ellise, acqusisce il tempo per apprendere altro di sé, mentre Anis e Cécile si eclissano: le due figure si rendono presenti, prima-dopo, nel viaggio. Ora Ellise è, tra le arie francesi, il grigio-di-bruma negli occhi che le indicano nuovi sensi delle cose. Ora viaggia.

 

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