B → ♪♫♪♪
Trentamila secoli, tredici sospiri
ti accesero.
Eppure l'occhio della Bestia si fissò:
le forze dileguarono,
il sorriso perì,
nei giorni il mio corpo scarnì,
la lunga coda della Bestia
già carezzava i miei nervi: mesi, notti, l'anno addietro.
E i singulti, i colpi sordi, i sommovimenti sotto il costato,
ribollori d'organi, equilibri sfasati,
visioni sfocate e inquietudini d'anima:
sottopelle gli inconsulti mutamenti non detti del corpo,
fiato che fuoriesce senza respiro,
aria stantia di chi malato mai fu,
si levarono quali tempesta che sugge
lucidità, saldezze. Verità.
E le grida di quella mala-creatura
d'istituzione vestita: svilì, batté, si sfogò.
Tentai di riprendere il cielo, le carte,
il corso: mi uccise.
Lì sorse la figura della Bestia.
Isola raggelata, fusto scalfito, barca forata. Morii.
La pena dei giorni, le sere, i mattini:
la fissità delle grida, la ripetizione, il rivivere...
Morii. Basta! Basta!
Te.
Quale bestiola ferita si rinserra,
ti ricacciai.
Il bello, il sincero, il chiaro viveva a me vicino...
Infettare chi mi amava con la Bestia, mai.
Vai, vattene. Mi farò bestia per proteggerti dalla Bestia.
Istinto. Dixit.
Ora, nel giorno muto, trenta volte tredici
(secoli,
millenni), tra eoni e silenti eternità,
ora il tuo viso già si affaccia
in questo lago: il sogno. Qui t'amo, t'amerò.
Ora è il vuoto del mio senso senza te,
nella veglia – la lontananza di quel volto...
di quegli occhi... di quel gesto...
Rivivrà il secolo della tua vita felice tra i sospiri:
tre (quaranta) i giorni per risorgere dal millennio...