Noi Due
Non saprei dire se quell'uomo e quella donna oggi si vedano ancora, se ancora si rifletta il lutto della loro relazione in loro stessi e se (e come) tale lutto ne condizioni le scelte - forse addirittura l'elaborazione di ciò che vissero.
So che vi è purtroppo molta tristezza.
Vi è un percorso determinato da ciò che, non chiaro, non
definibile, si manifestò - si manifestò, stando al mio sguardo di
osservatore, secondo il criterio di una nebulosa che gradatamente si
diffonda tra due stelle: investendole, oscurandole. Ciò mi colpì.
Tentai dunque di esprimere la vicenda della loro relazione,
accennandone il percorso, sperando di aver 'inquadrato' un
nodo al tempo celato o chiaro ad istanti, come se fosse una sorta di fulminante intuizione che subitaneamente rientri nell'alveo misterioso tramite il quale si rese manifesta. Dopodiché ogni 'visione', ogni idea, ogni prospettiva germinata da pulsioni più che da idee, collassano: la nebbia torna ad essere una dolorosa consuetudine.
Oggi confido che le spoglie del loro lutto si siano rese prive di dolore - se non nell'evocazione contrita del sentimento; e mi dico che, forse, tra quelle spoglie, vi si potrebbe scorgere il profilo di un'esperienza volta a dir di sé la storica, annosa presenza e che già altrove, tra le pieghe indefinibili di una letteratura senza tempo, venne affrontata secondo i caratteri più vari: dal distacco cinico e livoroso di chi denuncia la propria impossibilità ad una risoluzione del proprio dramma, alla danza gioiosa, liberatrice e potente di uno Zarathustra che vide il confine di ogni cosa umana, per volgersi poi verso i luoghi insondati di una 'ragione in divenire', sino a questi versi, che si infilano tra il non espresso ed il dolorosamente percepito, e vissuto.
Fu sulle spiagge di gioie prive di abiezione che ci imparammo a negare,
tra
le nostre chiare ansie, le nostre vive sincerità,
nel far dei nostri corpi un fiume, un sole, un dire,
tra le vie di una pulsione che ci diede
una lezione.
"Ora è la vita che si fa tra i segreti e
le
cieche intenzioni di ciechi concetti in cieche astrazioni,
dove si muore.”
Così recitava la nostra lezione,
così
a lungo ci lasciammo: lasciasti e lasciai,
tra ridotte parole e la disgrazia di chi, distante,
si diede ai dedali, alle tensioni, ai gineprai di una scelta, una nettezza,
confidando di trovare nell'alterigia – infeconda, sterile – di chi sempre crede di capire,
una liberazione.
Morii e moristi fra i cieli rattrappiti
e i canti svilenti di una insincera fedeltà:
la sparuta viltà di strani tormenti
- la mia, la tua età.