(...) falsis nominibus imperium (...)

 

 Dalle distanze dei tuoi occhi

che più mitezza cantano,
dei tuoi occhi che più riserbo odono,
vivi.

 Cosa resta delle sparute dolcezze,
dei caldi sensi (segreti, pudichi)
nell'agitato nitore di questa ferina
diaria, nel giorno cieco – cieco,

che apre i tuoi occhi
all'assenza – di bordi – di penombre
erotiche perché discrete
di chi regge interi universi
nel silenzio, terzo al clamore – mistero millenario

di un ascolto nel grido
di chi voce ha perduta, tu vivi.
 
 

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