La Crescita di un Tasso (Breve Sogno Felice)


 La fatica di quel Tasso descritto da Goethe, il ricercare le parole che stabiliscano le forme delle sue figure immaginate, la tensione mai interrotta, il prestare al prossimo una parte da rappresentare... Dov'è ora quest'uomo carico di una forza cui il giovane sbrigliato non considera – ma è la forza che regge il mondo, vorrei sussurrare a questo giovane. Una forza mai fragorosa che si direbbe elegante e ambigua, da guardare con ammirazione e timore.

Dov'è quel centellinare, conservare, ridurre per riversare nella creazione che trapassa il secolo, l'opera.

Dov'è, oggi, il Torquato Tasso?

 Sono certo che in Europa esistano dei Tassi non dichiarati: segnati nel viso e nell'animo dalle cicatrici che l'insofferenza del mondo impartisce loro, essi insistono nella più sottile assenza di clamore l'abnegazione per la creazione; e tendono, ordinano, reggono senza una Coorte, senza la protezione di un principe, bellezze e mitezze ormai scadute, tra il silenzio e il riserbo del loro animo, tra genio e mitezza.

 Così, tra le dolorose concitazioni di un presente che non è se non nel rumore che fa di sé, i Tassi sfilano nel mentre che i quadri di questo tempo si alternano con la rapidità di un calendario sfogliato dalle dita di una tempesta, dove forse la tempesta è il segno di qualcosa che parla di noi...  



La raffigurazione è il dipinto di Giambattista Tiepolo, del 1752: “Rinaldo e Armida in giardino”.

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